Alla fine degli anni '80, quando mio fratello Nicola di sera m'invitava
ad accompagnarlo in errabondi viaggi in macchina, nello stereo girava
sempre un nastro misterioso sul quale aveva trasferito le tracce di un
lp comparso magicamente tra la nuova collezione di vinili di mio
fratello Giampiero. "Ecco, arriva il pezzo della goccia!" mi sussurrava
mio fratello con aria sardonica, alzando il volume e inondando la
vettura di quel ticchettio echeggiante che sembrava provenire da una
caverna scavata nell'Ayers Rock. Subito dopo una sensuale voce femminile
scandiva parole incomprensibili, mentre sullo sfondo un bambino rideva e
una creatura aliena gorgheggiava litanie ultraterrene. "Ma dimmi un
pò..." ripeteva mio fratello ridacchiando, sostenendo che quelle fossero
le prime parole prounciate dalla cantante che in seguito scoprii essere
Laurie Anderson nel brano "Diva" composto da un famoso musicista
francese https://youtu.be/mrb7x1nDxvw.
"Questo è Jarre!" mi diceva quando il pezzo dopo 3 minuti trascolorava
in un brano fantatribale. Presi così l'abitudine di trovare le scuse più
improbabili per saltare in macchina con lui dopo cena, e ascoltare per
intero quel nastro che traduceva in suoni pittorici i viaggi compiuti
nell'esoterica semioscurità della strada. Due giorni prima che mio
fratello morisse sono riuscito ad incontrare Jarre di persona, durante
il soundcheck dell'unico concerto Italiano tenuto a Roma. Dopo averlo
intervistato per il magazine OndaRock,
sono finalmente riuscito a consegnargli l'artbook contenente alcuni dei
miei dipinti ispirati dalla sua musica. Quando gli ho menzionato
l'origine della mia passione per la sua musica e la malattia di mio
fratello, Jarre si è rabbuiato in volto e mi ha chiesto qual era il suo
nome. "Nicolino" ho risposto.
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