Leonardo ovvero la più acida delle sequenze
Per quanto trovi ingeneroso stabilire delle gerarchie in ambito artistico,
non esiterei a mettere al vertice del mio "pantheon” l’intero scibile
umano e artistico di Leonardo da Vinci.
Indelebile è il ricordo di
quell'enorme volume dedicato alla sua opera ricevuto in un Natale dell'86,
custodito ancora gelosamente tra le miriadi di monografie della mia libreria. A
impressionarmi subito non furono tanto i dipinti, i disegni o i codici
fittamente vergati con la grafia speculare, ma lo sforzo sovrumano, in larga
parte disatteso, che Leonardo aveva compiuto lungo tutto l’arco della sua vita
nel tracciare una sua intima cosmogonia che lo stato di abbozzo di molte delle
sue visioni più ambiziose rendeva ancora più eroico e romantico.
In seguito, fui affascinato da come quel senso di sublime incompiutezza,
che trovava una mirabile rappresentazione nell’uso del chiaroscuro, affondasse
le radici nel vissuto autobiografico, riverberandosi nell’enigma che circondava
la sua identità sessuale. Fu soprattutto nei capricci morfologici dei suoi
disegni di tempeste, sezioni anatomiche, battaglie e caricature che individuai
il germe di quella che sarebbe diventata la mia passione per le fantasticherie
grafiche e le invenzioni visive così familiari anche alla pittura di Hieronymus
Bosch, Pieter Bruegel e William Kurelek. Nello stesso periodo ritrovai quell’arguzia
calligrafica e maestria coloristica nelle illustrazioni impregnate di realismo
fiabesco dedicate alla vita degli Gnomi dell’olandese Rien Poortvliet, artista
che andrebbe annoverato tra i più grandi figurativi del ventesimo secolo. Fu
lungo questo sentiero che raggiunsi infine il regno di feticci freudiani,
iperrealismo delirante e compressioni atmosferiche di Salvador Dalì, a sua
volta galvanizzato da Leonardo e Bosch nella gestazione della sua cifra
stilistica. Una catena desossiribonucleica di cui Leonardo resterà sempre la
prima e più irreplicabile "sequenza".
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