Ognissanti nella vite di Longino
OGNISSANTI NELLA VITE DI LONGINO
Appunti per
un’autobiografia
Sono
nato di mercoledì, sette giorni dopo Ognissanti, il giorno in cui
nacque mia nonna, battezzata per questo col nome di Santa. Benchè
fosse la prima della classe, i genitori non le fecero proseguire la
scuola. In quel remoto mondo rurale che era l’Abruzzo degli anni
venti, vigeva ancora il pregiudizio per cui le donne non fossero
tagliate per lo studio. I miei pensano che abbia ereditato da lei la
passione precoce per la lettura e la scrittura. Dovrebbe essere solo
un caso invece che mi sia stato dato il nome di un ciclista, morto
diciasette anni prima a Trier per una caduta al giro di Germania.
Preferisco da sempre la bici alla macchina, ma finora sono caduto
solo una volta con la moto, un pomeriggio di sedici anni fa, dopo che
ad un bivio un’autista mi tagliò la strada e se ne andò senza
soccorrermi. Che sia sopravvissuto è forse indice di una mia
sovrumana resistenza all’indifferenza umana. Tra i miei primi
ricordi spicca un pupazzo meccanico di Topolino che nuota in cerchio
in una bacinella d’acqua. Per qualche tempo lo cercai in soffitta
senza trovarne traccia. Mi convinsi che appartenesse alla schiera
delle false memorie. Poi un giorno mio nonno mi raccontò d’averlo
comprato in Inghilterra quando avevo poco più di un anno. Ma di
quella volta che un cane inferocito mi rincorse fin dentro un
vigneto, per molti anni sulla pelle portai ben visibili le stimmate.
A bloccare la mia fuga fu una delle corde di ferro tese tra i pali
della vite. Come la lancia di Longino, mi marchiò il torace con una
piaga obliqua, facendomi stramazzare a terra. Spaventato dal mio urlo
strozzato, il cane fuggì a sua volta dileguandosi nelle campagne. Se
mi guardo allo specchio riesco ancora a scorgere un tratteggio rosato
che corre sulle costole. Forse tutto questo non ha nulla a che fare
col fatto che sia nato nel mese dei morti col nome di un morto
“eccellente”. Non quanto ce l’abbia il fatto chestia ancora qui
a scrivere, dipingere e fantasticare della mia e di altre vite per
ingannare l’avanzata dell’amnesia di massa, la più terminale
delle morti.
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