Friday, November 15, 2019

EmPathmos o dell'insaziabile smarrimento



EmPathmos: https://www.deezer.com/en/album/96227212

"Colui che cerca, finisce facilmente per perdersi: ogni solitudine è una colpa" così parla il gregge.
Ma la ricerca dell'autore del libro dell'EmPath a cui allude il mio ultimo album, è proprio quella che passa attraverso la condivisione di quante più solitudini possibili. In tal modo anche al gregge di cui parlava lo Zarathustra di Nietzsche è dato di riscattarsi nell'insaziabile smarrimento del reciproco sentire. Un sentire di cui Stefano Gambetta, visual artist e musicologo di Torino, ha voluto rendermi a sua volta partecipe dopo l'ascolto dell'album con la "sentita" recensione che ho il piacere di pubblicare in questo post.
Perchè se l'artista è sempre irrimediabilmente solo nell'atto creativo, è perchè segretamente sa che le sue opere più oneste accomuneranno tutti coloro che in un'intera esistenza non potrà mai conoscere o sentire.

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Interessantissimo lavoro di Alessandro Fantini, eclèttico artista forse meglio conosciuto come AFAN. Particolarmente complesso nella struttura e nella composizione, EmPathmos è un percorso in nove tappe nell’esplorazione di quello stato di paralisi vissuto quotidianamente da chi ancora conserva ancora la capacità di sentire, cercando un contatto personale sistematicamente rifiutato e rinnegato.

Il risultato, fin dal primo ascolto, è impressionante. Tra intricate — eppur sublimate — tessiture strumentali, che riportano alla memoria echi di Maestri indiscussi quali Vangelis e Jean-Michel Jarre, il nostro eroe — l’empath, per l’appunto — si ritrova costantemente in esilio — come Giovanni Evangelista e Teologo sull’isola di Pathmos — e condannato ad un perenne naufragio. Si parla di errare senza trovare approdo, ma forse è questa una chiave di lettura: la bellezza dell’arte non si basa su dogmi o su giudizi precostituiti, ma nella costante ricerca della verità, anche attraverso l’analisi della realtà circostante (Mimetikos).

Ricorrente è l’immagine del gelo, antartico, potente metafora deleteria dell’assenza — di calore, di vita — e della sconfitta (Icy Shipwrecks). Nel suo perenne incagliarsi tra insormontabili distese di ghiaccio, l’empath riesce a percepire e conservare un calore nascosto in profondità che lo porta a sentirsi e ad agire come un solitario rompighiaccio (Lone Icebreaker). Sconfitta o vittoria? La vera arte non consiste nel dire tutto, ma nel far pensare.

Stiamo però parlando di dualismo tra τέχνη (arte) e ἀποκάλυψις (rivelazione): «L’arte è sempre e senza tregua dominata da due cose. Essa riflette instancabilmente sulla morte e crea così, instancabilmente, la vita. La grande, la vera arte è quella che si chiama Apocalisse di San Giovanni e quella che vi aggiunge qualcosa.» (B. Pasternak).


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