Friday, May 15, 2020

Penso ad Ezio e...

Penso ad Ezio e non posso fare a meno d'immaginare un titano che con quieto furore condivideva la solitudine della sua malattia, facendo risuonare le note delle catene invisibili che lo tenevano avvinto, più di noi sedicenti sani, alla dolceamara gravità della condizione umana.
Penso ad Ezio, che molti hanno scoperto solo quattro anni fa in televisione ma che per una vita ha suonato e composto nel silenzio mediatico, e non posso fare a meno di pensare a tutta la vanità malarica di cui straborda la rete dove frotte di artisti e iper-presenzialisti si affannano a ricordare agli altri d'esistere strimpellando, cantando, urlando, berciando e denunciando complotti.
Penso ad Ezio e alla sua forza di comunicare attraverso la musica tutto ciò che di essenziale sfugge alle parole, e tutto ciò che di vitale sfugge all'ascolto grazie all'esempio della sua indomita accettazione del male, e non posso fare a meno di ricordare quanti negli anni mi hanno contattato e ringraziato per le mie opere senza avermi mai conosciuto, mentre alcuni che mi conoscono di persona sono arrivati a fingere di non vedermi, forse per il fatto d'essere abituato ad esprimermi con note più alte di quelle usate dal mormorio di fondo che non fa volume e non smuove le acque reflue in cui galleggiano.
Penso ad Ezio, e a tutti gli artisti, da Tony Allen a Christophe, da Florian Schneider a Little Richards, da Sepulveda a Juan Jimenez che ci hanno lasciato in questi due mesi, e non posso fare a meno di ringraziarli per averci donato l'antivirale più immortale di tutti che per fortuna non bisognerà sperimentare in laboratorio prima d'essere distribuito su scala mondiale.
Penso ad Ezio, e so che anche il dolore più indescrivibile ha una sua partitura capace di rendere più luminosi i tasti neri dell'esistenza.




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